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Negli ultimi mesi, la già intollerabile situazione della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata da Israele ha raggiunto proporzioni da genocidio. Secondo l’OCHA, dal 7 ottobre gli attacchi delle forze israeliane hanno ucciso oltre 40’000 persone a Gaza, di cui più di 14’000 bambin* e 10’000 donne. Altre 10.000 persone sono ancora disperse sotto le macerie, almeno altre 80’000 sono rimaste ferite e quasi tutta la popolazione della Striscia di Gaza, per un totale di oltre due milioni di palestines*, è stata sfollata internamente. Ma dove possono andare? Oltre il 75% di tutte le unità abitative della Striscia di Gaza sono state distrutte o danneggiate, così come quasi l’80% delle infrastrutture educative e numerosi luoghi di preghiera e cultura. L’esercito israeliano ha anche bombardato gran parte delle infrastrutture mediche vitali di Gaza. Il controllo e il blocco israeliano dei confini della Striscia di Gaza impediscono in gran parte la consegna di aiuti essenziali come cibo, acqua, carburante e cure mediche. Dovrebbero entrare da sei a dieci volte più aiuti per coprire solo il fabbisogno minimo di sussistenza. Anche l’accesso ai/alle* giornalist* è fortemente limitato e 133 operatori/trici* dei media sono già stat* uccis* in attacchi da parte dell’esercito israeliano.  Questa è una chiara violazione del piano d’azione delle Nazioni Unite per la sicurezza dei/delle* giornalist*. Non esiste più un luogo sicuro a Gaza: dall’inizio dell’escalation, l’esercito israeliano ha bombardato regolarmente le aree che considerava sicure per la popolazione civile della Striscia di Gaza e dove l’aveva costretta a fuggire, come Rafah, la regione più meridionale della Striscia di Gaza, dove non c’è via di fuga.

Al momento l’IDF (Israel Defense Forces) sta avanzando proprio su Rafah, colpendo il punto di raduno delle dozzine di migliaia di rifugiat* e impedendo loro di attraversare il confine per trovare un minimo di sicurezza in Egitto. Alle e ai palestines* non è stata lasciata letteralmente via di scampo, e ora come ora le persone che si trovano a Rafah non possono fare altro che chiedersi se una bomba sionista metterà fine alle loro sofferenze prima di morire per fame o sfinimento.

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